AZIENDE E PRODOTTI

Il pane del parco Molgora
Le filiere a km O non si possono improvvisare, ma hanno grandi potenzialità. Il Parco di interesse locale (PLIS) del Molgora (bassa Brianza) ha il 'suo' pane. Un esempio che merita di essere seguito. Il progetto 'pane del parco' è stato avviato nel 2007, voluto e sostenuto con grande determinazione dal presidente, Claudio Valsecchi.

Dal dicembre 2008 sono arrivati i primi risultati e il pane “parcomolgora” è stato messo in vendita in sette panifici dei comuni consorziati, che hanno entusiasticamente aderito all’iniziativa, più lo storico panificio Baraggia di Aicurzio che ha prestato collaborazione e supporto tecnico alle procedure di panificazione. In attesa di ripristinare dei mulini all'interno del Parco la molitura è stata affidata allo storico mulino Ronchi di Briosco.
A fronte di tanto consenso il progetto ha dovuto registrare anche le inevitabili difficoltà cui va incontro la ricostruzione di una filiera agroalimentare. Nel 2008 le superfici investite a 'grano di forza', adatto alla panificazione, si sono ridotte a 6 ha e la quantità di farina (tipo 0) ottenuta (circa 250 quintali) ha consentito di produrre poco pane che è stato venduto solo un giorno alla settimana (il sabato). Una restrizione che si è rivelata eccessiva perché dei 250 q. di farina prodotta nel 2008 ne rimangono ancora parecchi. Nel 2008 gli agricoltori aderenti al progetto sono aumentati di numero e hanno dedicato più superfici, seminando complessivamente 40 ettari. La produzione di farina destinata alla panificazione del 2009, però, è risultata di soli 500 q. La ragione è da ricercare nelle scarse rese, dovute al ritardo delle semine (condizionato dal maltempo), e in un periodo di caldo elevato a maggio (in fase di fioritura). Ma il problema maggiore è risultato di tipo organizzativo; solo un agricoltore (Augusto Frigerio di Vimercate) dispone di strutture in grado di consentire lo stoccaggio in azienda. Gli altri, di fronte all'impossibilità del mulino Ronchi di stoccare la maggiore produzione, hanno dovuto vendere il prodotto sul mercato.
In ogni caso il progetto prosegue, sostenuto dall'interesse del Parco, dei panificatori locali, dei consumatori ma, soprattutto,dei ristoratori. Essi, o almeno i più lungimiranti tra essi, sono consapevoli che il rilancio di filiere locali è occasione indispensabile per far vivere una ristorazione di qualità come volano di un'economia identitaria e territoriale. Una sfida particolarmente impegnativa in una Lombardia che, ingiustamente, non viene associata a una grande tradizione gastronomica in quanto etichettata come 'regione industriale'. Non importa se è la regione dove si producono più formaggi d'alpeggio (in varietà innumerevoli e non ancora catalogate) o dove - nella stessa superurbanizzata Brianza - rinasce la viticoltura e viene riconosciuta la patata bianca sdi Oreno ecc. ecc.
Ad incoraggiare gli agricoltori a continuare e ad ampliare la coltivazione del grano 'di forza' è il neonato consorzio 'Cuochi di Lombardia', un'aggregazione promossa da Matteo Scibilia (www.cuochidilombardia.it - TEL.039 6919056), presidente dell'Unione per la difesa della ristorazione di qualità nonché consigliere del Ministro dei Beni culturali con riferimento alla cultura gastronomica. Scibilia (cuoco-imprenditore del Ristorante 'Osteria della buona condotta' di Ornago MB) da lungo tempo - ben prima che si parlasse di km 0 -
promuove la materia prima territoriale. E' lui a spingere gli agricoltori a seminare non solo grano ma anche mais 'all'antica', farro e segale. Oltre a trovare uno sbocco interessante nei ristoranti dei 'Cuochi di Lombardia' le farine degli agricoltori brianzoli che credono nel progetto sono oggetto di una crescente domanda da parte della rete degli 'agrimercati' promossi dalla Coldiretti (va ricordato che la vendita di farina di qualità si incontra con il 'movimento' al ritorno alla produzione di pane e pasta 'fatti in casa'.
'Cuochi di Lombardia' e 'Agrimercato' rappresentano due canali paralleli in grado di sostenersi reciprocamente. La ristorazione di qualità, infatti, stimola gli 'artigiani del cibo/contadini' alla produzione di materie prime sempre migliori. Svincolati dalla 'dittatura del prezzo' i coltivatori sono in grado di rispondere alle domande specifiche dei cuochi (utilizzatori esigenti, peraltro). Tornano così ad utilizzare le varietà più adatte al territorio e ad applicare tecniche in grado di esaltare la qualità piuttosto che la quantità. Così facendo anche il consumatore può disporre di un prodotto di eccellenza. Non va poi trascurato il ruolo di 'trascinamento' della ristorazione di qualità sia nei confronti delle scelte e abitudini dei consumatori. Il tutto dovrebbe implicare anche tecniche agronomiche il più rispettose possibili dell'ambiente. Per ora il disciplinare di produzione prevede una riduzione dell'impiego di concimi chimici e fitofarmaci, speriamo che, coerentemente con la logica di una filiera molto corta fortemente centrata sul 'valore aggiunto territoriale', si vada verso tecniche di agricoltura biologica.

IL PARCO DEL MOLGORA nasce con l’intento di salvaguardare una zona compromessa dai processi di urbanizzazione e industrializzazione. Il territorio della Valle del Molgora è infatti parte della grande conurbaziuone con centro a Milano e che si estende sino ai primi rilievi della fascia pedemontana. L’intento dei Comuni consorziati ( Vimercate , Carnate , Usmate-Velate , Burago di Molgora , Agrate Brianza , Bussero , Pessano con Bornago , Caponago, Carugate ) per la gestione del Parco, è quello di preservare un territorio che rappresenta il punto di raccordo tra l’area collinare brianzola e la campagna martesana, addensando identità culturali, naturali ed omogeneità storica, tradizionale e sociale. il Parco si sviluppa su una superficie di circa 993 ettari lungo l’asta del torrente Molgora, comprendendo nei suoi confini elementi di interesse storico, architettonico, paesaggistico e naturale.
IL MULINO DI BRIOSCO. Quello che oggi viene chiamato "mulino di Peregallo" (Briosco, Via dei Mulini, 4) è l'unico superstite di un autentico complesso molitorio al quale da secoli affluivano clienti non solo da Briosco e frazioni, ma anche da numerosi paesi ad est e a ovest del fiume. Il primo documento in cui si parla di un mulino nella località brioschese di Peregallo è del 1237, figurandovi un "molendinum de Peragallo" tra le proprietà del Monastero di S. Maurizio detto il Maggiore. Tra i pochissimi impianti molitori rimasti in funzione lungo l'intero corso del Lambro, il mulino di Peregallo, inserito in un edificio rurale di antica costruzione, appartiene da qualche decennio alla famiglia Ronchi. Recentemente le due ruote idrauliche sono state restaurate a cura della Cooperativa Aretè, che ha la propria sede nei locali soprastanti il mulino. Per le visite di scolaresche e di gruppi organizzati occorre telefonare preventivamente alla Cooperativa Aretè. (0362-958275) o al sig. Paolo Ronchi (0362-95502).


Prof. Michele Corti, ruralista
Associazione Amici Ruralpini
www.ruralpini.it