AZIENDE E PRODOTTI

BITTO: e-democracy e pastori "arcaici" vs. tecnoburocrazia
La petizione popolare on line "pro Bitto storico" che viene prodotto oltre che nelle valli orobiche della bassa Valtellina anche in diversi alpeggi dell'alta Val Brembana in territorio bergamasco e in alcuni alpeggi dell'altro lecchese.

La petizione - rivolta alla Regione Lombardia - ha lo scopo di tutelare un prodotto di eccellenza con secoli di tradizione alle spalle, radicatissimo nel territorio delle orobiche occidentali. Negli ultimi anni il Bitto sta subendo discutibili operazioni di "modernizzazione". Contro di esse si è sviluppata la "resistenza umana e casearia" di un gruppo di casari delle Valli del Bitto riuniti nella Associazione Produttori Valli del Bitto. Essa ha trovato sponda in tanti consumatori "postmoderni" che assegnano valore ai significati ecologici ed etici di un sistema di produzione tradizionale.
Siamo arrivati ad una situazione paradossale per la quale chi produce Bitto nel modo tradizionale e nell’area di produzione originale non può – per la legge sulle denominazioni di origine (DOP) – chiamarlo “Bitto”.
Buoni motivi per firmare la petizione popolare on line volta a chiedere alla Regione di trovare una soluzione per una vicenda che si trascina da 13 anni. La petizione stata promossa da un sito indipendente (www.ruralpini.it = rete ruralpina alla quale aderisce anche l'Associazione Produttori Valli del Bitto). La petizione si trova a: http://www.firmiamo.it/probittostorico

Prof. Michele Corti - Università di Milano
vice-presidente AmAMont (ass. amici degli alpeggi e della montagna).

L’APPROFONDIMENTO. La vicenda della “guerra del Bitto” è a una svolta cruciale, le cose potrebbero risolversi finalmente in modo positivo o precipitare. Il tutto dipende dalla politica che può/deve riprendere il sopravvento sulla burocrazia e gli interessi corporativi. Già dalla scorsa primavera fosse stata avviata una trattativa diretta tra la Regione Lombardia (Direzione Generale Agricoltura) da una parte e l'associazione Valli del Bitto, ma - dopo i cambi di assessore e al vertice della direzione generale - le erano tornate in alto mare ed erano stati proposti improbabili "tavoli" con il Consorzio di Tutela. L'Associazione Valli del Bitto ha già chiarito che non intende rientrare nel Consorzio. Quindi è necessario fare pressione sulla Regione affinché riprenda la trattativa con i "produttori storici" e arrivi ad una soluzione positiva che riconosca la specificità del loro metodo tradizionale di produzione (ormai molto diverso da quello del Bitto Dop "ufficiale") senza danneggiare gli altri produttori.
Se non si riuscisse a trovare una soluzione l'Associazioni Valli del Bitto dovesse andare avanti con il minacciato ricorso a Bruxelles teso a contestare l'estensione a tavolino - senza attestazioni storiche - della produzione del Bitto all'intera Provincia di Sondrio. In caso di presentazione del ricorso la situazione potrebbe precipitare in quanto sarebbero da attendersi sono da delle ritorsioni (l'Associazione non può usare il nome Bitto e può quindi essere passibile di pesanti sanzioni).

QUALI SONO GLI ASPETTI CHE RIGUARDANO LA QUALITÀ DEL PRODOTTO, LA SALVAGUARDIA DEL LEGAME CON LA STORIA, LA TRADIZIONE,I IL TERRITORIO? I produttori riuniti nell’Associazione Produttori Valli del Bitto non usano mangimi e fermenti “selezionati”. Producono il Bitto negli alpeggi dove è nato 500 anni fa. Come una volta. Sono 16 e piccoli; gli altri 80 e, parecchi di loro, "grossi". Lavorano il latte subito e aggiungono latte di capra Orobica di Valgerola (a rischio di estinzione), come da tradizione.
Il Bitto Dop, tutelato dalla legge (ma cosa e chi tutela la legge e, a questo punto contro chi?) invece…
- Si può fare in tutta la provincia di Sondrio anche dove, prima della Dop, nessuno si sognava di farlo.;
- Si può fare senza una goccia di latte di capra (tutte le fonti storiche indicano che in passato l’aggiunta del latte caprino era normale;
- Si può fare utilizzando i fermenti liofilizzati per “pilotare” le fermentazione.