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Seguo sempre con molto interesse le conversazioni di Luigi Odello, Presidente Centro Studi Assaggiatori e altre innumerevoli qualifiche che per riportarle tutte servirebbe un’enciclopedia, e concordo assolutamente con lui quando evidenzia una preparazione relativa di molti fra gli attuali degustatori, analisti e giudici del gusto.

Personalmente ho avuto la fortuna di frequentare due corsi di formazione alla degustazione del vino, promossi dall’Associazione Italiana Sommeliers, con Antonio Piccinardi.  E’ stata un’esperienza folgorante: Piccinardi si presentava con una fantastica valigetta colma di boccettine di oli essenziali dagli aromi incredibili. Uno ad uno ci faceva percepire aromi di melograno, terra, ciliegia, pelliccia, cedro, muschio, mela, frutti di bosco, legno, viola, liquirizia, erba, erba tagliata, tabacco, mandorla e nocciola…  Erano momenti intensi, a occhi chiusi poi a rotazione ci faceva ritrovare questi sentori nei vini che degustavamo.

Un’esperienza veramente unica che mi ha accompagnata poi in tutti gli ambiti del lavoro. Da esterna oggi vedo all’attività degustatori e personaggi che puntano più sulla formalità della valutazione, sugli atteggiamenti piuttosto che sull’uso di termini ed espressioni che poco si addicono all’attività che stanno svolgono. E questo soprattutto nei più giovani, sento definire, per esempio, sapido un vino per me sciapo. Capisco bene che in gioco si abbia anche la sensazione individuale e personale come reazione, ma certamente il sapore delle stesse materie prime con le moderne coltivazioni è cambiato. Prendiamo le pesche, al di là dei vari tipi e varie dimensioni, non emanano più quel profumo unico e inconfondibile di pesca morbida matura solare. Chi ha qualche decennio sulle spalle lo ricorda, soprattutto se ha avuto l’occasione di coglierla dall’albero, ma oggi profumate e dolcissime sono solo in barattolo con aggiunta di aromi e zucchero. E così è un po’ per tutto il comparto agroalimentare, dalle carni alla frutta e verdure agli oli. I vini sono tutti ormai mediamente buoni, grazie all’intervento costante degli enologi e alle grandi indagini di marketing che le aziende vinicole operano. Ed ecco il grande boom della ricerca volta appunto ad assecondare i gusti dei consumatori e le tendenze del mercato.  Sicuramente è utilissima una formazione, ma a prescindere da questa e definirsi degustatori, giudici e assaggiatori del gusto è banalizzare un servizio che non è propriamente un lavoro, piuttosto una passione.