Il riso: tutti lo amano, siamo sicuri di conoscerlo come merita? (prima parte)

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Come questa coltura sia arrivata da noi è ancora un mistero. Secondo alcuni studiosi avrebbe avuto origine a seguito dell’occupazione di Sicilia e Calabria da parte degli Arabi; secondo altri si sarebbe sviluppata nel Napoletano durante l’occupazione degli Aragonesi. Nell’Italia settentrionale la coltura potrebbe invece essere stata introdotta dai soldati di Carlo Magno dopo le battaglie contro gli Arabi, oppure ad opera dei mercanti delle Repubbliche marinare. Tutte queste ipotesi sono verosimili e il riso potrebbe aver avuto in Italia più centri di diffusione. Ci sono però delle date certe che segnano la storia di questo gioiello dell’agricoltura così importante e ricco di valori nutrizionali:

1475 – Sono state ritrovate le missive di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, a Nicolò de’ Roberti, oratore del Duca di Ferrara, con le quali donava 12 sacchi di riso da semina affinché potesse essere coltivato nel Ferrarese.

1500 – La risicoltura italiana, che era quindi decollata, arrivò a coprire 5.000 ettari.

1915/1918 – Il riso diventa l’alimento principale per il sostentamento della popolazione, resa povera dalla Prima Guerra Mondiale.

1931 – Nasce l’Ente Nazionale Risi. Da questo momento il riso avrà una tutela, una ricerca scientifica che catalogherà le tante varietà e i loro usi, un lavoro di promozione e un supporto per le attività tecnico-economiche.

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Venendo ad oggi, il riso è per l’Italia un grande vanto perché la produzione nazionale rappresenta oltre il 50% di quella europea. Le prime regioni produttrici sono il Piemonte e la Lombardia, seguite da Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Sardegna, Calabria e Sicilia.

Il riso italiano si divide nelle tipologie: lungo A, lungo B, medio o tondo, ma si è più abituati a scegliere per varietà. Quelle tradizionali secondo denominazione sono l’Arborio, il Roma, il Baldo, il Carnaroli, il Ribe, il Vialone Nano e il S. Andrea, ricordando che ogni ricetta ha il suo riso ideale.

Ma il riso non è solo un semplice alimento, è considerato un “functional food”, cioè un cibo caratterizzato da un valore che va oltre quello nutritivo. Nell’antichità era usato come pianta medicinale: lenitivo, antinfiammatorio, ideale per il recupero fisico post-stress, ricchissimo di polifenoli nelle versioni pigmentate, oltre ad essere naturalmente:

Privo di glutine
Privo di allergeni
Ad elevata digeribilità grazie all’amido
Ottimo per lo svezzamento dei bambini
Perfetto per gli sportivi grazie alla rapidissima disponibilità energetica
Adatto alle diete per la quasi assenza di grassi

La stagione autunnale è quella della raccolta, la semina avviene in primavera e la pianta matura durante l’estate. È interessante ricordare che il chicco bianco che siamo abituati ad identificare è il risultato di alcune fasi della lavorazione; subito dopo la raccolta e l’essicazione il primo stadio è quello chiamato risone, cioè un chicco integro e ancora avvolto da alcuni strati esterni. Lo stadio successivo è quello integrale o semigreggio, ottenuto dopo che sono stati asportati i primi strati esterni con lavorazione meccanica. Continuando con la lavorazione si arriva al riso semilavorato ed infine alriso lavorato, l’ultimo stadio che conosciamo come riso bianco…quattro diversi prodotti da un solo chicco e non quattro tipologie!

Ora che abbiamo scoperto la storia e le caratteristiche principali di questo prodotto che fa parte delle nostre vite, ci diamo appuntamento alla seconda puntata per approfondire altre curiosità, i modi migliori di conservazione e alcuni trucchi e ricette di cucina.

Clara Mennella – ASA

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