L’ossobuco

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Dalla parte terminale delle zampe posteriori e anteriori dei bovini si ricava lo stinco o geretto (tibia), che si cucina intero o disossato o sezionato per ottenere gli ossibuchi. Lo stinco di manzo, e di conseguenza gli ossibuchi che se ne ricavano, ha carne piuttosto tenace, ricca di connettivo ma molto gustosa, mentre quella di vitello è più tenera e delicata. Una parte molto apprezzata dell’ossobuco è costituita dal midollo al centro dell’osso che viene estratto a tavola con una particolare e lunga posata che ha a una estremità una forchettina a due punte e dall’altra un cucchiaino. Questa forchettina è chiamata ironicamente esattore, alludendo chiaramente all’esattore delle tasse.

L’ACQUISTO

L’ossobuco ricavato dal geretto posteriore è più carnoso e quindi più pregiato di quello della zampa anteriore; in tutti i casi, gli ossibuchi devono avere uno spessore di circa 3-4 cm e quelli migliori si ottengono dalla parte centrale dello stinco, dove è maggiore la proporzione tra carne e osso e vi è anche più midollo.

LA CONSERVAZIONE

La presenza del midollo rende l’ossobuco più deperibile di altri tagli di carni. Conservatelo nello scomparto più freddo del frigo per 2-3 giorni in un contenitore, nella confezione originale o in un contenitore ermetico, separando ciascuno con carta forno o pellicola. Se non prevedete di cucinarli a breve, confezionate singolarmente gli ossibuchi e congelateli; si conserveranno per qualche mese.

IN CUCINA

La cottura in umido è l’unica che conferisce alla carne dell’ossobuco la necessaria morbidezza, che viene raggiunta solo quando il connettivo di cui è ricca si è completamente sciolto e la carne si stacca dall’osso. La cottura può essere in bianco, cioè con brodo o acqua, oppure con pomodoro, ma la parte liquida deve comunque essere sufficiente a coprire a filo la carne, che impiegherà almeno un paio d’ore per divenire tenera. La classica ricetta milanese prevede la cottura in bianco e alla fine si profuma con un trito di aglio, scorza di limone, prezzemolo e rosmarino (gremolada). L’ossobuco si può aromatizzare con vino bianco, brandy o marsala secco dopo che è ben rosolato e prima di aggiungere il liquido di cottura. Prima di cuocere l’ossobuco incidete la pellicina lungo il bordo e i nervetti al centro perché la carne non si arricci, quindi ripulite l’osso con una pezzuola per asportare impurità ed eventuali schegge; potete anche lavarlo velocemente sotto l’acqua corrente e asciugarlo poi con carta cucina. Infine, infarinate l’ossobuco in modo che il sugo risulti ancora più denso. Durante la cottura bagnatelo man mano con cucchiaiate di acqua o brodo caldi per evitare che la carne indurisca per il contrasto di temperatura o che il sugo si diluisca eccessivamente.

Il contorno ideale è il purè di patate, perché raccoglie e assorbe il sugo di cottura, ma sono eccellenti la polenta e il risotto alla parmigiana, che ha un sapore abbastanza neutro e non sovrasta quello della carne, o quello allo zafferano tipico lombardo. Altro abbinamento ugualmente riuscito è quello tradizionale alla pavese con piselli, da soli o con patate tagliate a pezzetti, entrambi da mettere nella casseruola quando la carne è quasi pronta perché non si disfino.


A cura di Enza Bettelli / asa.web@asa-press.com

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