IL BENESSERE A TAVOLA

A cura di Gudrun Dalla Via
[dallavia@asa-press.com]

Cucinare. Ma in quali pentole? 
Siamo abituati a considerare un “pasto vero” solo quello cucinato, cioè preparato con l’intervento del calore. Effettivamente, soprattutto nella stagione fredda, un pasto caldo offre diversi vantaggi; inoltre, alcuni alimenti si prestano al consumo solo dopo essere stati cotti – per esempio le leguminose, che vanno o trattate con il calore, o germogliate. Però conviene avere qualche attenzione per il tipo di calore usato, e soprattutto per i recipienti nei quali prepariamo i pasti.

Il materiale è di importanza fondamentale
Quando il cibo viene a contatto con altri materiali, soprattutto in presenza di calore, possono avvenire delle reazioni chimiche anche abbastanza insospettate, poco vistose ad occhio nudo, ma ad effetto lento e continuativo, dato che solitamente usiamo gli stessi tegami, le stesse pentole tutti i giorni.
Alcuni materiali si sono confermati validi, attraverso secoli e millenni di uso. Altri, pure usati da molto tempo, si sono rilevati piuttosto critici, almeno in alcune situazioni, cioè a seconda del cibo che vi viene cucinato o in funzione dei criteri di manutenzione.
La tecnologia moderna offre attualmente delle soluzioni che a prima vista sono ideali perché uniscono diversi vantaggi prima inimmaginabili. Tuttavia conviene osservare con occhio critico se questi attrezzi da cucina – pentole, padelle, spatole ecc. – non rilasciano sostanze tossiche, nell’immediato o nel tempo, e se conviene osservare determinate norme d’uso.
Passiamo in rassegna i materiali, uno per uno, per farne poi l’uso migliore.
 
Sulla pietra, come gli antichi
Gli esseni, popolo vissuto intorno al Mar Morto al tempo di Gesù di Nazareth, facevano germogliare frumento e altri semi, li impastavano, formavano delle pagnotte larghe e basse e le posavano sulle pietre arroventate dal sole. Verso metà della giornata, il “pane” veniva girato per cuocere dall’altro lato ed asciugarsi in modo uniforme. In pratica un predecessore della nostra pietra ollare. Da noi solitamente il sole non è abbastanza caldo per scaldare le pietre, quindi le pietre ollari, di origine vulcanica della categoria delle rocce dette metamorfiche, vengono scaldate sopra un fuoco come per esempio il barbecue, nel forno oppure sulla fiamma del gas. Una volta scaldata, la pietra ollare rimane ben calda per parecchio tempo, quindi si presta per una cottura graduale, dolce, priva di condimenti/grassi. Consente un metodo di cottura sano e “pulito”, ma richiede alcuni accorgimenti prima del primo uso, e poi prima di riporla; per esempio, non bisogna mai versarci liquidi freddi finché è calda, e non bisognerebbe usare detersivi per pulirla.
 
Materiali ottenuti dalla terra
Le pentole e le formine in terracotta sono molto belle da vedere, tanto che si possono portare direttamente in tavola. Un materiale tanto naturale appare in accordo con il concetto del cucinare sano, però attenzione agli smalti. Soprattutto i colori vivaci, nelle tonalità di giallo, rosso ed arancione possono contenere metalli che nel tempo possono passare nel cibo e risultare tossici. Quindi, anche se i colori brillanti sono belli da vedere, è meglio cucinare in pentole … colore della terra, proprio quello loro, naturale.
I contenitori in terracotta richiedono alcune attenzioni. Ovviamente non debbono né cadere né subire forti urti. Idealmente si usano in forno, oppure sopra uno spargifiamma. Se si aggiungono dei liquidi durante la cottura, questi debbono essere caldissimi, per evitare che il materiale scoppi. (Le crepe si prevengono anche strofinando fondo e pareti con uno spicchio d’aglio.)  
Vi sono anche porcellane e vetro pyrex – le materie prime sono sempre terre speciali - che tollerano bene il calore e si prestano per cotture sane,  fuoco dolce, esattamente come la terracotta. Le attenzioni nell’uso sono le stesse.
Rispetto alla pietra ollare questi materiali hanno il vantaggio di poter essere lavati con detersivi, anche in lavastoviglie, e di poter contenere liquidi come per esempio minestre o sughi.
Pentole metalliche
Gli chef amano le pentole di alluminio perché sono leggere – cosa importante soprattutto quando hanno grandi dimensioni, come appunto in ristoranti e alberghi – e si scaldano in fretta. Possono svolgere alcune funzioni anche nella cucina di famiglia, a patto che non si usino per cibi acidi, come per esempio contenenti succo di limone, aceto, pomodoro. Inoltre, il cibo non dovrebbe mai rimanere in queste pentole oltre il tempo strettamente necessario ma andrebbe subito travasato. Inoltre andrebbero lucidate con cura per togliere ogni traccia di ossido (di colore scuro). Le tracce di alluminio che passano nel cibo in date condizioni sono sospettate di contribuire all’insorgere della sindrome di Alzheimer perché nei tessuti cerebrali di questi pazienti si riscontrano alti livelli di alluminio.
Le pentole di rame sono molto decorative, ma hanno fatto il loro tempo; meglio farle trattare per ripararle dall’aria e tenerle come decorazione … Infatti, finché le pentole venivano usate quotidianamente e lucidate ogni volta con grande cura non c’era il rischio che l’ossido di rame (tossico) si formasse, passando nei cibi.
Si registra un certo ritorno alle pentole di ferro e di  ghisa, spesso smaltate. Si prestano per certe preparazioni – ma meno per la cucina vegetariana. A volte sono pesanti, quindi si usa questo materiale più per padelle che per pentole.
L’acciaio inossidabile o Inox è l’ideale per molti tipi di pentole, anche di grandi dimensioni. È abbastanza leggero, non si altera, non lascia, per quel che risulta ad oggi, residui nel cibo. E’ più costoso degli altri metalli, ma dura tantissimo.
Oggi si trovano in vendita anche pentole e padelle multistrato che uniscono i vantaggi dei diversi materiali, con tempi brevi di cottura e distribuzione uniforme del calore. Sono ovviamente più costose ma adatte per chef e commensali esigenti.
 
I rivestimenti
Si è molto diffuso l’uso di tegami, padelle e pentole “rivestite” di materiali antiaderenti. I vantaggi sono davvero interessanti: sono leggeri e maneggevoli, si può cucinare con pochi grassi o addirittura zero grassi, e soprattutto i cibi attaccano molto meno alla superficie, quindi vi sono minori rischi di bruciarli. In molti ristoranti gli chef usano anche utensili rivestiti. La tecnologia più nota, in questo settore, è quella del teflon, un marchio registrato.
I consumatori anche meno esperti sanno da anni che gli attrezzi rivestiti richiedono diversi accorgimenti di sicurezza. Per esempio, non debbono mai essere scaldati ad alta temperatura (dimenticate sul fuoco, specie vuote): in passato si consigliava di non superare 350° C, oggi si suggerisce un limite massimo di 230°C, facilmente superato quando si cucina nel forno. Il calore intenso infatti libera sostanze che si diffondono nell’aria e sono tossiche per l’uomo. Inoltre, lo strato di rivestimento deve essere assolutamente integro, quindi no assoluto per l’uso di attrezzi metallici, nel mescolare o servire i cibi, e veto anche per pagliette o altri strumenti abrasivi, per la pulizia. Gli esperti consigliano di cambiare gli utensili (pentole ecc.) rivestiti comunque ogni due anni – cosa che probabilmente poche famiglie fanno, anche per una questione di costo, e poi … perché ci si abitua alle forme usate quotidianamente e non sempre è facile ritrovarle uguali. Tuttavia fa riflettere una notizia giunta dagli Stati Uniti. Ad un controllo il 98 % degli americani esaminati presentavano nel sangue tracce di PFOA (acido perfluoroctanoico), un composto tossico che appunto fa parte dei materiali di rivestimento. Pare che dal 2015 l’uso del teflon per utensili da cucina verrà vietato, negli Stati Uniti.
Ed ecco nascere rivestimenti alternativi, fatti da composti di porcellana, ceramica e simili. Sono per ora costosi e di non facile reperimento, ma i risultati in cucina sembrano eccellenti. Ovviamente, data la recente introduzione nel mercato non è per ora possibile valutare eventuali rischi legati a questi materiali di ultima generazione.
 
I materiali a confronto
Nella scelta dei materiali per cucinare terremo conto di numerosi fattori: la migliore riuscita dei singoli piatti, la salubrità, la facilità di gestione (pulizia, ingombro, fragilità), il costo di acquisto, la durata, il dispendio energetico (che dipende sia dalla conduzione termica o rapidità di riscaldamento, sia dalla capacità di trattenere a lungo il calore) e non ultimo l’impatto ambientale.
La medaglia per l’impatto ambientale più basso spetta, è quasi scontato, a materiali ottenuti dalla terra. Anche il loro costo è relativamente contenuto. Però sono più fragili degli altri materiali e richiedono alcuni accorgimenti nell’uso e … nel riporli. Si scaldano più lentamente degli altri materiali ma trattengono a lungo un calore uniforme, quindi sono adatti a cotture delicate e lente.
Le pentole metalliche consentono un riscaldamento veloce e sono adatte soprattutto per i liquidi (minestre, salse e simili) e per cotture rapide che però vanno seguite da vicino. In questa ottica, il consumo energetico in cucina è equo, ed è marcatamente ridotto quando si usa la pentola a pressione. Ma l’impatto ambientale per loro produzione è elevato.
I contenitori rivestiti sono di grande comodità per le cotture sia rapide che lente, consentono di cucinare senza grassi, ma sono costose nell’acquisto e “pesano” sull’ambiente. Da considerare l’opportunità di rinnovarli spesso e intanto di trattarli sempre “con i guanti”.
Vale la pena sperimentare anche altri tipi di materiali o di metodi di cottura. Alcuni di questi ripercorrono strade antiche, come per esempio tenere al caldo in speciali involucri, dopo una iniziale breve cottura.
Probabilmente si terrà in cucina un piccolo assortimento di pentole di vari materiali, secondo l’uso specifico.
Quale ricetta in quale pentola?
Ecco alcuni esempi per scelte tipiche.

Pasta al sugo di verdure
Ingredienti: pasta del formato preferito, acqua sale; per il sugo, verdure di stagione, 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva, sale aromatico
Contenitori: pentola Inox per la pasta; padella antiaderente per il sugo.
Mondate e tagliate a listarelle le verdure (zucchini, carote, finocchi, carciofi o quant’altro avete trovato fresco), insieme ad una cipolla, e se possibile, un gambo di sedano. Ungete la padella antiaderente con un cucchiaino di olio e rosolate le verdure a fuoco molto dolce, mescolando di tanto in tanto. Aggiungete acqua secondo necessità, insaporite e aggiungete il rimanente olio alla fine.
Nel frattempo cuocete la pasta molto al dente, scolate e fatela saltare nel sugo per terminare la cottura.
Orzo e borlotti
Ingredienti per 4 persone (il piatto si presta ad essere riciclato; fatene pure una quantità abbondante): 250 g di orzo perlato, 150 g di borlotti freschi (se secchi, metteteli a bagno in acqua fredda, la sera prima), 1 carota, 1 gambo di sedano, 1 cipolla, 1 cucchiaino di olio
Contenitore: pentola a pressione inox
Mondate le verdure, tagliate a fettine cipolla, sedano e carota. Rosolate la cipolla nell’olio fino a farla imbiondire, aggiungete sedano e carota e mescolate, lasciate insaporire per un paio di minuti, poi aggiungete orzo e borlotti  e un 1 p di litro d’acqua fredda. Chiudete la pentola, abbassate la fiamma appena raggiunto il bollore e fate cuocere per 40 minuti circa. Salate alla fine e aggiungete erbe aromatiche fresche o secche a piacere.
 
Terrina multicolore
Ingredienti: verdure di diversi colori, per esempio patate, finocchi o cavolfiore (colore bianco), carote o zucca (giallo-arrancione), coste o broccoli (verde).
1 uovo oppure formaggio grattugiato, per legare (facoltativo)
Sale, erbe aromatiche a piacere.
Contenitore: una grande pentola pyrex, la cui trasparenza darà risalto ai vari strati di colori.
Mondate e sminuzzate tutte le verdure, tenendole separate per colori. Se le tagliate abbastanza sottili e dosate correttamente la quantità d’acqua, non occorre precuocerle prima di formare la terrina. Disponete gli strati alternando i colori e cospargendo man mano con un po’ di sale aromatico oppure sale e erbe fresche o secche, e, a piacere, un po’ di peperoncino. Poi aggiungete acqua fredda fino al livello dello strato superiore di verdure. Coprite (se la pentola non ha un coperchio, usate un foglio di stagnola) e mettete nel forno a 180°C. Cuocete per 40 minuti circa, controllando però ogni tanto il livello di cottura.
 
Il cartoccio
Un materiale finora non contemplato perché non si tratta di una pentola, ma di un usa-e-getta: la carta da forno. Ma è sicuramente economica, ecologica, igienica e sana. Il dispendio energetico richiesto dal forno è però un po’ superiore alla cottura in pentola, quindi cercate di riempire bene la lastra; gli eventuali avanzi si possono poi utilizzare in tanti modi.
Nel cartoccio potete cuocere tanti tipi di verdure, soprattutto ripiene. Pensate a peperoni, melanzane, patate scavate e poi riempite con misti di cereali, verdure e erbe aromatiche secondo disponibilità e fantasia – per esempio gli avanzi di orzo e borlotti o di pasta al sugo di verdure. Spennellate leggermente di olio le verdure ed avvolgetele singolarmente in un quadrato di carta da forno di cui raccogliete i lembi in cima, attorcigliandoli leggermente.
La carta da forno si presta ottimamente anche per proteggere la lastra del forno mentre preparate delle verdure alla griglia: zucchini, melanzane, peperoni ecc. Basta tagliare le verdure a fette o comunque appiattirle un poco, cospargere di un po’ di sale e di qualche goccia d’olio e mettere sotto il grill. Girare a metà cottura.
 
(Vita&Salute – novembre 2011) 

Vai all'indice di Il Benessere a Tavola