ATTORNO ALLA TAVOLA
A cura di CARLO PASSERA [ passera.web@asa-press.com ]


TROPPI RINCARI, CAMBIA IL MENU’?

Gli abitanti della Penisola sono spaventati dai continui rincari dei principali generi alimentari, vivono sulla propria pelle una crescita dei prezzi che appare ormai incontrollabile, perciò hanno addirittura modificato il loro menù a tavola (quattro su dieci persino «in modo drastico») e chiedono in misura significativa (il 37 per cento del campione considerato, contro solo il 16 per cento della media europea) un intervento pubblico per calmierare i costi. Inoltre, hanno aumentato l’attenzione riposta nella lettura dell’etichetta e prestano più attenzione alla provenienza dei cibi a favore di quelli locali. È quanto emerge dall’indagine Coldiretti-Swg “Le opinioni di italiani e europei sull'alimentazione”, presentata al recente Forum di Cernobbio, che evidenzia come la responsabilità degli aumenti viene attribuita in Italia soprattutto ai troppi passaggi intermedi che i prodotti fanno per arrivare dal produttore al consumatore (66 per cento) a differenza di quanto accade negli altri Paesi europei (42 per cento). Ma sotto accusa sono anche i rincari eccessivi applicati dai commercianti e dalle catene di distribuzione (37 per cento) mentre sono del tutto scagionati gli agricoltori. Il 29 per cento ritiene che occorra favorire direttamente gli acquisti dagli agricoltori e solo il 6 per cento considera come soluzione la concentrazione della distribuzione commerciale con la riduzione dei piccoli negozi a favore degli ipermercati. I cambiamenti nel comportamento di acquisto – un dato che peraltro si pone controcorrente rispetto ad altre ricerche del passato, forse a testimonianza di un fattore “emozionale” che sta agendo pesantemente proprio in queste settimane - sono giustificati dal fatto che la spesa alimentare è la seconda voce dopo l'abitazione ed assorbe il 19 per cento della spesa mensile totale delle famiglie, per un valore che è salito a 467 euro al mese destinati nell’ordine principalmente all’acquisto di carne (106 euro), frutta e ortaggi (84 euro), pane e pasta (79 euro) e latte, uova e formaggi (64 euro). Se complessivamente la spesa alimentare è rimasta invariata, le quantità portate a casa si sono ridotte dell'1,5 per cento e tra gli spostamenti più significativi si registra un calo nei consumi di pane (- 7,4 per cento), pasta di semola (-7,4 per cento), latte fresco (- 2,6 per cento), vino (- 7,9 per cento), carne bovina (- 4,1 per cento) mentre aumentano la carne di pollo (+ 7,5 per cento) e le uova (+ 6,4 per cento), secondo le elaborazioni su dati Ismea Ac Nielsen nei primi otto mesi del 2007. Secondo un studio della Coldiretti dei circa 467 euro al mese che ogni famiglia destina per gli acquisti di alimenti e bevande, oltre la metà, per un valore di ben 238 euro (51 per cento), va al commercio e ai servizi, 140 (30 per cento) all'industria alimentare e solo 89 (19 per cento) alle imprese agricole. Questo significa chiaramente che i prezzi aumentano in media di cinque volte dal campo alla tavola con una tendenza che - afferma il presidente della Col diretti, Sergio Marini - tende ad accentuarsi nel tempo. Come ovviare a questo problema? Favorendo ad esempio la presenza di prodotti locali negli scaffali dei negozi, ma anche promuovendo la vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli in azienda o nei mercati nelle città, con i cosiddetti farmers market. Secondo una recente indagine dell'Osservatorio sulla vendita diretta Coldiretti-Agri2000, ben sette italiani su dieci hanno fatto acquisti direttamente nelle quasi 50mila aziende agricole che offrono questa opportunità, giudicando la spesa conveniente, con un risparmio atteso compreso dal 20 al 30 per cento. Qualità e la garanzia di genuinità e freschezza sono comunque le principali motivazioni di tale acquisto, mentre la difficoltà di raggiungere le aziende agricole è considerato il principale ostacolo.

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