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FATTI
E PERSONE
Cena QuaSi Futurista
Piacevolissima
serata la sera tradizionale del 20 febbraio, Quasi Futurista, con tutto
il ristorante Lacerba per noi, una sessantina... Menu di cena “quasi
futurista”, con Miller al nostro tavolo nelle vesti del pittore
surrealista Dangelo... coevo... apertamente partito per la vicina di tavola
noncurante Nin accanto... ed alignante in tanti tavoli nascostamente vogliosa
d’ammiccamenti di mordace fame di frutti e carni elencate nella
dotta lista vivande composta da Carmine Caputo di Rocaverana con Renato…
La lettura di Carmine Caputo della lista è esilarante secondo tradizione:
egli si sofferma alla ricerca di luce golosa tra la definizione sommaria
della promessa di cibo, ad esempio il “risotto freccia rossa”
mi è parso subito dedicato al blocco sulla linea di partenza delle
divagazioni sul corrispettivo “riso giallo di Milano” che
l’alta cucina celebrata dal vate Cracco definisce con certezza futurista
“passatista” di fronte al dinamico futuro destinato alla “gelatina
di riso in fumetto di zafferano da stigmi rosolati all’idrogeno”…
Il piatto che la ghiotta Lacerba ha trasformato in Klein monocolore “oro”,
al riso decorato con bottoni di sole, spazi di Pachino, e cosparso con
profumo di “grana di Parma” che copriva l’aglio crudo,
segnalino di posto a tavola, a quel punto messo ad affogare in vino Aglianico
per ravvivarne l’aroma rosso destinato alla tinteggiatura della
freccia che lo teneva fermo al suolo, in attesa di lancinanti chiamate
di bis. Un esemplare proveniente dalle catacombe, e l’iniziazione
aglina avrebbe potuto trasformarsi in travolgente…
“Riso al sangue di bue” ha lasciato spazio naturale a “bue
al sangue”, in tagliata, impallidita da pommes de terre e zucchine
grigliate senza fiamma. La cruenta e succosa essenza bovina non faceva
però concorrenza a quella speranza virtuale di “tette limonate
al succo di bergamotto” rimaste nell’anfiteatro acido mentale,
forse in compagnia di “galline sfegatate” tanto spaventate
di scampare al pericolo di lavaggio selvaggiamente imposto da vive…
Dalle “fragole su mammelle vere” è rientrato al tavolo
intriso dal colore e dai segni della passione Carmine, che di tanto in
tanto si ricordava di avere sue porzioni… in attesa di divorazione,
protette e in caldo, al tavolo del protagonista…Quanto all’altro
frutto, le “ciliegie”, a paia, quasi adatte a cavalcare padiglioni
di orecchie per festeggiare una spontanea sagra campagnola estiva, con
l’alterarsi delle stagioni sopra e sotto l’equatore ha suggerito
a Carmine di svelare la loro natura: maschile o femminile? Il mentore
passatista al fianco, disegnando l’occhiale della variante d’inserzione
del testo, ha reso ermafrodita la natura del frutto accoppiato e chiarita
dalla scelta nelle due varietà sessuali anche evocando gli “occhiali
della verità”, genere incompleto e derivato, senza negare
esemplarmente alla vista la scelta fatta…
Detto che vino e caffè singolarmente elisi da cipolla rossa e separati
nel contenitore, sono stati sopraffatti dall’ “aglia-vivo”
vinoso che ha coperto la bevanda alcolica al tavolo dei dieci ed il “caff-aglio”
ha fatto seguito a delicata “torta passatista alle mele in crema
golosa” che ha concluso in piacere “orgiastico passatista”
la conviviale… è doloroso rilevare che la data non ha portato
alla inaugurazione tanto attesa del “museo futurista del centenario”…
Al progetto ha reso onore la prolificazione di eventi sfilati e resi accessibili
in Città, dalla Permanente a rare commissioni e comitati dazione
futurista, che hanno cavalcato le giornate precedenti e quella di calendario.
Carmine ha ammesso che assolvere fino in fondo la missione della promozione
di museo futurista sottoscritta all’inizio del ciclo, precisamente
il 20.02.2002, data miticamente simmetrica, fosse fin dalla nascita una
missione innaturale in quanto “movimento futurista” è
antitetico a “reliquia museale”: mi piace questa contraddizione
in termini, intervenuta a piena “discolpa” del candidato quasi
certo a sentenza di condanna dopo la scomparsa nel fuoco delle prime donazioni
che aprirono la raccolta di “cimeli” validi, in occasione
di ogni serata successiva di memento, sempre, in ogni occasione di 20.02…
Una dotta
ri-lettura del manifesto goloso di Jules Maincave del 1913 ha ricordato
le illuminanti anticipazioni golose a chi non fosse stato presente alla
cena del 20/2/2003, in cui per la prima volta venne data lettura del Manifesto
trascritto da Carmine Caputo di Roccanova, da “ La Fiera Letteraria”,III,
n.21, 22 maggio 1927, ma edito a Parigi novant’anni prima sul “Fantasio”.
Quella serata speciale era proseguita con dibattito e con la proposta
di una pagina web all’interno di sito esistente disponibile alla
raccolta delle proposte su come ricordare il Futurismo nel suo centenario.
Anche quest’iniziativa trovò Milano assente.
Il manifesto di Maincave pubblicato su “La Fiera Letteraria”,
nel volume di Claudia Salaris, Dalla cucina nell’arte all’arte
in cucina, Stampa Alternativa, Roma 2000, contiene lievi variazioni rispetto
al testo apparso, ma l’oblio di risposta ne vanifica la puntualizzazione.
In attesa di una copia riproducibile informaticamente da allegare a questa
cronaca, ne riportiamo solo le referenze in possesso di Agorà Ambrosiana,
come quelle della denominazione Lacerba del ristorante milanese e della
rivista, derivate sia dall’informata Wikipedia che dalle note di
Carmine tratte dallo Zanichelli.
DA WIKIPEDIA, L'ENCICLOPEDIA LIBERA.
Lacerba fu una rivista letteraria fiorentina fondata il 1º gennaio
1913 da Giovanni Papini e Ardengo Soffici in aperta polemica con Giuseppe
Prezzolini, allora direttore de La Voce; si avvalse della collaborazione
di Aldo Palazzeschi e Italo Tavolato ponendosi su posizioni simili a quelle
del Leonardo e aderendo (per breve tempo) al Futurismo.
Il quindicinale, stampato in caratteri rosso mattone ed in seguito neri,
riprendeva il titolo dal poemetto del Trecento di Cecco d'Ascoli - L'acerba
- inserendone nella testata un verso:
«Qui non si canta al modo delle rane». La rivista dichiarava
le sue tesi nella prima pagina dell'Introibo rivendicando la piena libertà
e autonomia dell'arte, l'esaltazione anarchica del "genio" e
del "superuomo" ed un rilancio della letteratura frammentaria.
Papini, allora, scrive articoli provocatori come Freghiamoci della politica,
Soffici scrive del Cubismo e tiene la rubrica fissa Giornale di bordo,
Palazzeschi è presente con numerose liriche come Una casina di
cristallo, Postille, Pizzicheria, Tavolato scrive articoli scandalistici
come Elogio della prostituzione, Bestemmia contro la democrazia.
La rivista, vista la sua natura e il suo programma, è pronta ad
accogliere il contributo (che presto diventerà invadenza tematica)
dei futuristi che - dal 15 marzo 1913 - iniziano ad occupare posti di
primo piano. Compaiono così frequentemente i nomi di Filippo Tommaso
Marinetti, Luciano Folgore, Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Corrado
Govoni.
DA ZANICHELLI, DIZIONARIO ENCICLOPEDICO
Lacerba: Rivista di letteratura, arte e politica fondata a Firenze da
A. Soffici e G. Papini nel 1913 (riprendendo il titolo di un poema di
Cecco d’Ascoli), intorno ad un progetto di esasperato anti-tradizionalismo
ed anti-accademismo, in aperta opposizione alla contemporanea rivista
La Voce. Diviene l’organo del Movimento futurista.
Cecco d’Ascoli (pseudonimo di Francesco Stabili), da Ancorano (Te)
1269 ca - Firenze 1327.
Poeta, medico, astrologo. Condannato come eretico morì sul rogo.
Autore di un poema scientifico-filosofico in volgare, L’Acerba,
incompiuto, confusa opera di compilazione, che vuole contrapporsi scientificamente
alla Divina Commedia.
Con grazia, a futuri encomi rimando questa
cronaca a chi ne volesse ricordare l’origine da un’Idea di
Topylabris, creatrice di Arte da Mangiare, associazione
d’artisti ormai internazionale, con Marchio D’arte con contaminazione
di cibo.
Enzo Lo Scalzo, Agorà Ambrosiana – ASA Press Lombardia, 20.02.2009
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